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mercoledì 13 gennaio 2010

SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GROTTA

La tradizione racconta che un ricco mercante, solito navigare per mari lontani, una volta fu sorpreso da terribile tempesta. Per salvarsi dall’imminente pericolo egli rivolse una preghiera al cielo, facendo voto alla Vergine affinchè lo salvasse: in cambio di tale grazia, al suo ritorno avrebbe fatto scolpire un simulacro di marmo in suo onore. Improvvisamente la tempesta si placò. Riconosciuto il miracolo, il piccolo equipaggio e il mercante resero grazie alla Vergine e approdarono sulla terraferma. Qui il mercante ripartì e, come promesso, si recò subito dal più abile scultore di quei tempi: ordinò la realizzazione di una statua statua votiva e stabilì i tempi di consegna. Purtroppo, lo scultore aveva appena abbozzato il suo lavoro quando venne assalito da una grave infermità che lo costrinse ad abbandonare l’opera per mesi. Cosicché, giunto il tempo stabilito per la consegna, egli fu costretto a dare la triste notizia al mercante: quest’ultimo, pensando di esser venuto meno al voto fatto alla Vergine, chiese almeno di vedere il marmo in abbozzo. I due si recarono, dunque, nella studio dell’artista e qui indescrivibile fu il loro sbigottimento nello scoprire che la Vergine non era più un rude blocco di marmo, ma una statua di bellezza inaudita. Gli uomini si prostrarono dinnanzi a tale prodigio divino e lo scultore permise al mercante di portare con sé l’opera. Quest’ultimo, appagato dalla grazia della Madonna, decise di portare con sé la Sua immagine durante i suoi viaggi. Passarono i giorni, finché l’equipaggio non approdò alle coste calabresi: qui la nave inspiegabilmente si fermò, e fu impossibile smuoverla dal sito. Il mercante allora capì che la Vergine voleva che la sua opera fosse conservata nella terra magno greca, in modo tale da poter essere venerata dal quel popolo. Per interpretare al meglio il messaggio divino, il mercante decise di posare la Scultura su un carro trainato da due giovenchi selvatici e di lasciare quindi che essi trasportassero la statua secondo i loro istinti: la Vergine scolpita sarebbe stata data in dono al primo paese in cui gli animali si fossero fermati. In quel momento, l’equipaggio riuscì finalmente a trarre via la nave dal lido; nel contempo, i furenti animali si erano fermati davanti alla cosiddetta “Grottella”, poco distante dal villaggio di Bombile. Gli abitanti del luogo, saputo dell’accaduto, capirono allora che la Vergine doveva esser posta nella Grotta che lì esisteva, scavata nella rupe. Venne fatto costruire un altare su cui fu posta la splendida statua e fu eretta una chiesa proprio presso quella grotta. Nel corso del lavoro la Madonna fece sgorgare dalla roccia una fontana di acqua fresca e purissima, cosicché gli operai poterono dissetarsi. Ancora oggi la fontana offre la sua acqua a quanti si apprestano a far visita al Santuario. Nel 1891 la Grotta di Bombile assunse la caratteristica forma interna a croce greca, con due cappelle ai lati, una del Crocefisso e una della Madonna Addolorata. Per giungere all’interno dell’edificio è necessario attraversare una scala di 144 gradini. Il santuario sorge su un costone di arenaria che scende a picco sul Vallone della Grotta; purtroppo, una frana, nel 2004, ha provocato il cedimento di questo costone e ha chiuso l’ingresso al Santuario stesso. Il portale d'ingresso della chiesa è costituito da due colonne corinzie, con capitello d'acanto scolpito in pietra di tufo. All’interno del Santuario è conservata una Madonna con bambino il quale tiene in mano una colomba, simbolo della pace. La campana è sulla roccia ed è priva di batacchio: viene fatta suonare con il lancio di sassolini, pezzetti di ferro o con monete. La festa della Madonna della Grotta si celebra il 1° maggio: nei giorni che precedono il rito vero e proprio, molti devoti giungono dai paesi vicini per venerare la Vergine. L’atmosfera si fa viva e giocosa; lo spiazzo antistante il Santuario si riempie di bancarelle presso le quali è possibile acquistare diversi prodotti tipici calabresi quali la calia (ceci abbrustoliti nella sabbia rovente), i 'nzùddhi e i mustaccioli (biscotti di miele e farina).

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